ALTERIA – Intervista esclusiva con l’artista

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Intervista di Miriam Cadoni

Trascrizione di Arianna Govoni

Prima di iniziare ad introdurre l’artista con cui ho avuto il piacere di scambiare due chiacchere, mi preme dirvi che quest’intervista é molto speciale perché rappresenta la mia prima conduzione di un pezzo in italiano. Detto ció, personalmente seguo Alteria da tempi immemori, si potrebbe dire dai tempi dei NOMORESPEECH. Ora l’artista e conduttrice radiofonica milanese é tornata con il suo nuovissimo LP, “Via Imperfetta”, pubblicato recentemente su Vrech/Audioglobe. Scopriamo insieme attraverso questa interessante e lunga chiaccherata come è nato questo nuovo album.

Ciao Alteria e benvenuta di nuovo su Femme Metal Webzine! Come stai? Come sta andando per te questo periodo così delicato?

Intanto grazie di avermi invitata di nuovo! Sto bene, per fortuna sto bene, tutti i miei cari stanno bene, magari siamo tutti un po’ stressati per via di questa situazione, ma la salute c’è e questo è molto importante in un periodo come questo! Il periodo è sì delicato, ma speriamo di vedere la luce in fondo al tunnel, speriamo davvero che si possa tornare, pian pianino, ad un po’ di normalità, però ci vuole ancora un po’ di pazienza, credo!

Tra due giorni pubblicherai il tuo nuovo album solista, “Vita Imperfetta”. Che cosa ci puoi dire riguardo la produzione di questo album?

Questo è il mio terzo album come solista. “Vita Imperfetta”, un po’ perché tutti o noi, più o meno, abbiamo vissuto un periodo assolutamente imperfetto negli ultimi tempi e poi perché io racconto un mio spaccato di vita molto complicato che ho voluto raccontare in questo disco, quindi è un periodo imperfetto.

Ecco perché si chiama così! La produzione è mia e di Max Zanotti, grandissimo cantante e produttore, è un disco che mi piace definire “a metà strada tra un disco rock e un disco di cantautorato”, perché per me sono molto importanti i testi, le parole, ma allo stesso tempo il mio DNA è assolutamente rock. È un incrocio, quindi, tra cantautorato e rock, è un bel matrimonio!

A tal proposito, vorrei chiederti questo: ho ascoltato il tuo album precedente e ho notato che in questo nuovo tassello le tue liriche si sono evolute molto. Se posso chiedere, che cosa ti è successo?

Beh, sono cresciuta, intendo a livello artistico, perché il disco precedente, “La vertigine prima di saltare”, era il mio primo esperimento in italiano. Io ho sempre cantato in inglese, quindi era la mia prima volta e stavo prendendo un po’ le misure; di sicuro con questo lavoro mi sono sentita più a mio agio, ho trovato il mio modo di raccontare in italiano su una base musicale rock perché non è così scontato, non è così facile! Mi sono sentita cresciuta, evoluta, meno male, sono migliorata credo (ride, ndr).

Hai appena menzionato Max Zanotti, con cui hai prodotto il nuovo album. Correggimi se sbaglio, ma questa credo sia la prima volta che tu produci un tuo album, quindi vorrei chiederti come è stato lavorare con lui..

No, non è stata la prima volta in cui ho prodotto un album, perché mi sono sempre autoprodotta, quindi in realtà sono sempre stata nella produzione artistica, come musicista e supervisore di tutto. Questo è il secondo album che faccio con Max, noi siamo molto affini sia a livello artistico, che a livello umano.

Siamo diventati amici nel tempo, oltre che collaboratori e la cosa bella di Max è che è proprio capace di tradurre in musica ciò che io provo a raccontare a lui, che possono essere i miei testi, le mie emozioni, le mie idee… Lui è molto bravo nel trasformarle in musica nella quale mi ci rispecchio, quindi c’è una bella sinergia, siamo molto allineati!

Dicevi poco fa che non è molto scontato come idea avere una base rock con dei testi scritti in italiano. Perché non la ritieni così scontata, considerando che abbiamo molte prog rock band? Potrei citarti, ad esempio, la PFM, Le Orme e via discorrendo…

Beh, tu parli di progressive rock e, in realtà, non è l’influenza di genere, però ho capito assolutamente quello che dici. Diciamo che credo che noi italiani, per quanto riguarda il rock, il crossover, l’alternative rock, siamo molto estrofili, siamo abituati, siamo cresciuti ascoltando – e ti parlo di me – i Guano Apes, Skunk Anansie, Garbage, No Doubt.

Ti sto facendo esempi di donne nel rock, quindi nelle mie orecchie risuonava quel modo, quella lingua inglese sull’appoggiato rock. Credo sia più complicato per noi italiani trovare un buon incastro, perché il nostro vocabolario è molto spigoloso, è molto complicato, intenso, nel senso proprio “quantitativo” di parole che possiamo usare, scegliere, selezionare… e farle sposare bene su una base rock, quindi non è scontato in quel senso, non è facile.

Invece con l’inglese, per l’esperienza che ho avuto io, mi ero fatta anche aiutare da un ragazzo madrelingua, fluisce meglio, non so dirti. Si appoggia in maniera un po’ più semplice sulla musica, con l’italiano c’è una spintarella in più che bisogna dare, però quando inizi a farlo e quando trovi un po’ il tuo modo, non c’è paragone, è più bello! Per me è stato molto più bello l’italiano!

Io credo che essendo l’inglese la seconda o la terza lingua più parlata al mondo, è molto più familiare, soprattutto all’estero, quindi sicuramente aiuta. Devo dirti, poi, che, personalmente, studiando in inglese accademico, posso dirti che ¾ delle parole a quel livello provengono dal latino, perciò di suo l’inglese ha veramente molto poco… Ha un dizionario molto sintetico, specie se confrontato con quello italiano, per cui credo sia anche questa una delle tante ragioni per la quale fluisce meglio…

Certo!

Mi piace molto il titolo dell’album, tutti noi abbiamo una vita imperfetta, poiché nessuno di noi è perfetta. Lo reputo molto significativo, quindi che significato ha questo titolo per te? Quale è la tua idea a riguardo?

Come ti dicevo prima, ho vissuto un periodo personale di cambiamento sotto tanti punti di vista: personale, lavorativo, ho cambiato casa, mi è successo tutto insieme tre anni fa, è stato veramente un terremoto sotto i piedi, un terremoto emotivo.

L’imperfezione per me, in quel momento, stava in questa cosa, nel fatto che non sai davvero mai cosa aspettarti. Tu hai fatto un percorso, arrivi ad un punto della tua vita dove pensi di aver messo un punto e di poter star tranquilla ed invece ti si ribalta tutto da capo… allora è imperfetta in questo senso.

Il mio canto, in questo disco, è la fotografia di quel momento e canto per metà del disco il momento in cui mi sono sentita schiacciata da questo cambiamento, poi per fortuna c’è stato anche il momento in cui ho iniziato a sentire che stavo meglio, quindi canto anche la parte di riscatto, rivalsa, in qualche modo.

Questo album è stato introdotto da due singoli, “Benvenuto bene” e “Apnea”. Mi hai appena parlato di questo periodo un po’ turbolento e proprio perché mi piacciono queste canzoni, vorrei chiederti in quale maniera riflettono il titolo che hai usato per questo album? Potresti darci qualche dettaglio su queste due canzoni?

Se parli, ad esempio, di “Benvenuto, bene”, che è la canzone un po’ più rock del disco, quella che apre l’album, parla proprio del mio arrivo in questo mondo nuovo, in questa nuova realtà, in questa nuova vita che non mi aspettavo, di questa situazione che, attorno a me, è completamente cambiata… è un racconto di come ci si sente nel rimettersi in gioco, nel ri-iniziare da capo.

Tra l’altro, per coincidenza, quando l’ho poi pubblicata come singolo, si sposava molto bene anche con il momento di lockdown, di cambiamento che tutti abbiamo vissuto – in un modo diverso, per carità, perché lì parlavo di tutt’altro, però vedi, è uscita nel periodo di lockdown e mi sono detta: “Per assurdo risuona molto bene in questo periodo storico che stiamo vivendo!”.

Per gli altri singoli, ho pubblicato “Guerra”, che è una canzone bella “up”, tirata e già lì avevo cambiato mood, con “Guerra” già iniziavo a sentirmi meglio. Una frase che dico è “Dicono che i buoni non vincono mai” ed invece è come dire “Non è vero, posso rimettermi in gioco, posso giocare la mia parte e posso anche vincere, se voglio”.

Accidenti! Per me hai già vinto la partita!

Sai cosa? Ogni tanto bisogna dirsele queste cose, nel senso che bisogna un po’ “auto-motivarsi” nella vita quando, invece, ci si sente un po’ schiacciati! Bisogna volersi bene, bisogna fare il tifo per se stessi!

Quest’album vede la collaborazione dell’etichetta Vreck e Davvero Comunicazione. Da quel che ricordo, forse è la prima volta che “maneggi” con una label, le volte scorse si trattava perlopiù di distribuzione Audioglobe. Come è nata questa partnership e cosa ti ha spinta ad affidarti ad una casa discografica?

In realtà tutto si collega, nel senso che nel mio periodo difficile di vita personale ci sono stati anche dei “non equilibri” nella gestione del progetto, perché io sono Alteria, però l’ho sempre gestita insieme ad un’altra persona in particolare. Si è rotto un po’ l’equilibrio e ho sentito la voglia di avere una squadra attorno, non volevo andare avanti da sola, avevo proprio bisogno di un po’ di supporto concreto nella gestione della stampa, distribuzione, ma anche proprio a livello umano!

L’idea di poter condividere con una squadra la gestione del tutto, ecco, ne avevo bisogno, ne avevo voglia, quindi Max Zanotti lavora con Vrec Label, mi ha presentato David Bonato che è il capoccia, così ho deciso di partire con questa collaborazione con lui. Sono molto felice, perché dalle piccole cose, banalmente anche questa nostra intervista, se io fossi da sola, se non avessi una discografica o David non sarebbe stato facile per me ricordarmi, gestire, scrivere. Devo andare in radio e poi in saletta a fare le prove, troppe robe! C’è bisogno giustamente che ognuno faccia il suo, quindi mi piace e sono felice di questa cosa! David sta lavorando molto bene.

Cosa stai imparando da questa esperienza, dal momento che, come hai asserito, ti stai facendo aiutare sotto tanti aspetti che concernono la pubblicazione dell’album? Credo personalmente che ogni esperienza porti ad una nuova lezione, delle nuove qualità sulle quali puoi contare su te stessa…

In realtà quello che io sto imparando – e che forse avrei dovuto imparare prima, però non è mai tardi – è che è importante delegare o, comunque, è importante condividere, affidarsi ogni tanto. Non a caso, certamente, bisogna attorniarsi di persone che a livello empatico, energetico, siano in sintonia con te!

Una volta che succede questo, è davvero bello, appunto, fidarsi, affidarsi, condividere il bene e il male. Non avevo mai fatto questa cosa, nel senso che prima ero molto più sola nel mio percorso artistico e volevo gestire tutto io, non so dirti perché… Ho imparato questa cosa un po’ tardi e mi piace!

Che cosa ti prospetta il futuro?

Non vedo l’ora che si possa fare qualche concerto, questa è la prima cosa. Ho voglia di suonare questo disco dal vivo, perché non l’ho mai fatto, non l’ho mai potuto suonare con la mia band. Ho tante idee in testa, anche solamente non musicali, sto provando a pensare di scrivere qualcosa di mio, magari non sotto forma di musica, ma in qualche altra forma che possa essere un qualcosa che si possa avvicinare ad un libro.

Mi piacerebbe molto! Guarda, sono molto fortunata, il lavoro che faccio in radio, il fatto di avere una saletta dove andare a suonare, ho quello che mi rende felice, ho mia figlia! Oggi posso dire di essere molto contenta, molto tranquilla e serena, quindi per il futuro quel che arriva, arriva, insomma…

Ti è mai passato in mente di andare in televisione e fare un programma decente di musica?

Magari! L’ho fatto in passato, ho lavorato sia per Rai 4 e Rai 5 con dei bei programmi, mi piacerebbe molto poterlo rifare! Ci sono dei programmi televisivi molto belli che ho visto in questo periodo, sai magari durante il lockdown ho visto un po’ più di televisione: per esempio, non so se lo conosci, si chiama “33 giri” su Sky e vanno ad analizzare dei vinili e dischi storici ed è molto interessante, poi ovvio, c’è anche tanta spazzatura in televisione.

Su quello bisogna essere molto bravi ad evitarla, però mi piacerebbe tanto. Chi può dirlo! Ecco, magari quella è una cosa che tornerà nella mia vita lavorativa, magari sì!

Sai, io ormai abito fuori dall’Italia da quasi 4 anni e ritornando a trovare i miei ogni tanto, vedo che, purtroppo, le cose non sono cambiate affatto!

Hai ragione!

Sai, mi dispiace anche ammetterlo, ma vedi che le cose non cambiano nemmeno sotto il punto di vista culturale. In merito ai concerti, ad esempio, o gli eventi culturali, in questo caso, c’è sempre questo stereotipo che la musica non paga. Secondo me, la musica pagherebbe anche, ma se tu non fai dei supporti legislativi adatti, sai…

Sì, sì, è vero! Qui da noi, purtroppo, la musica è ancora vissuta – non sempre, per fortuna, ma spesso – così un po’ come sottofondo, anche quando si parla di eventi, di concerti. Non ti parlo dei grandi concerti, ma di piccoli, nei locali. Ti faccio un esempio stupido ma significativo: se tu, artista piccolo, come me, non famoso, vai in un piccolo locale a fare un concerto di musica inedita e, magari, quel concerto va male, nel senso che quella serata non registra tanta gente, capita spesso che il gestore del locale ti dica: “Non pago la band o ti tolgo comunque un po’ di cachet”.

Pensi che chi, ad esempio, è lì a lavorare come cameriere o chi lavora in cucina, non ti viene da dire, giustamente, a loro: “Non ti pago perché è andata male”. Il primo che salta è la testa del musicista, questo è significativo, perché ti fa capire che la musica è un po’ vissuta come un “di più”. Secondo me non è valorizzata, andrebbe valorizzata molto di più!

Mi viene da dire che, vivendo io in Olanda, lassù hanno una mentalità molto più aperta, più “protestante”, quindi la situazione è un po’ diversa, nel senso che il piccolo locale ti accetta volentieri e ti fa suonare, però c’è un po’ il culto del “piccolo locale”. Se io confronto, ad esempio, Milano con Amsterdam, che hanno più o meno la stessa grandezza e facciamo un paragone tra i locali medio-piccoli che stanno in Olanda con quelli medio-piccoli che stanno in Lombardia, vedi che a Milano i locali sono quasi tutti scomparsi… Ricordo, ad esempio, che alla fine degli anni 2000 c’erano il Rainbow, il Transilvania, ce ne erano tantissimi! Ora un tessuto così è andato ed è un gran peccato, perché ci sono talmente tanti artisti come te, tanti artisti meritevoli che meriterebbero molto più spazio ed invece non si ottiene questo!

È vero! Vediamo! Sai cosa? Mi viene da pensare, da sperare che questo anno che abbiamo vissuto, che ha messo in difficoltà, in ginocchio i locali, purtroppo – e forse mi illudo di questa cosa – ha fatto comprendere a tanta gente che la musica dal vivo, quando non c’è, manca… e non parlo solo dei musicisti, ti parlo anche del fruitore, di chi va a sentirsi un concerto.

Sai, magari per effetto boomerang quando si potrà tornare, quando pian piano i locali si rimetteranno in piedi, chissà che davvero non troviamo le serate un po’ più piene, con la gente un po’ più curiosa di uscire. Sarebbe bello! Magari questa mancanza che abbiamo avuto ci farà dire: “Okay, torniamo a riempire le sale, torniamo a vedere la musica dal vivo, perché ci è mancata”.

Io lo spero! Alteria, questa era la mia ultima domanda. Ti ringrazio molto per la tua disponibilità e la chiacchierata, ho avuto molto piacere. Questa, inoltre, era la mia prima intervista in italiano dopo tanti anni di conduzione in inglese. Questo è lo spazio dove, solitamente, gli artisti hanno la possibilità di salutare i fan e i nostri lettori, per cui ti invito a concludere come vuoi!

Intanto mando un bacio gigante a te e ti ringrazio per questa intervista e per questo spazio. Saluto tutti i vostri seguaci che vi leggono e lunga vita al rock n’ roll, lunga vita alla musica. Speriamo di vederci dal vivo molto presto, magari bevendo una birra in un locale! Questo è il prossimo obiettivo, la terrò per la prossima intervista insieme, magari al tavolino di un locale prima di un concerto…

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