Intervista di Arianna Govoni
In un ambiente che, spesso, preferisce puntare a cose trite e ritrite piuttosto che dare spazio all’innovazione, è bello poter constatare che c’è chi, ancora, sa fare veramente la differenza. È questo il caso dei Kantica, band symphonic metal genovese, fresca di debutto con “Reborn in Aestethics”, uscito per Revalve Records all’inizio di febbraio. Sebbene la band sia ancora giovane, vanta alle spalle numerosi live e una nutrita esperienza nel settore musicale, complici ovviamente le pregresse partecipazioni dei membri nei rispettivi progetti. In occasione della seconda edizione del Milady Metal Fest, abbiamo incontrato per voi la bellissima cantante della band, Chiara Manese, che ci ha raccontato la nascita di questo nuovo progetto, dei prossimi piani in cantiere e, ovviamente, dei cambiamenti che la scena metal ha affrontato negli ultimi anni e che, tuttora, continua ad affrontare.
Ciao Chiara, benvenuta su Femme Metal, è un piacere ospitarti oggi! Come stai?
Chiara: A parte i piedi gonfi e le caviglie da cotechino, è tutto ok. A parte questo, bene. Sono contenta di aver fatto questo festival con i miei ragazzi, Kantica da Genova. Io vengo da Milano, nel dettaglio, anche se non ve ne frega niente. Era soltanto per essere chiari e concisi… e circoncisi, soprattutto! No, ma questo è un altro ambito! Torniamo alla nostra intervista!
Allora, rompiamo subito il ghiaccio e parliamo un po’ dei Kantica. Ti andrebbe di fornirci una piccola biografia della band? Come è nata l’idea di formare una nuova band, vista la militanza di alcuni di voi in altre band?
Chiara: La band nasce, se non sbaglio, nel 2014 e si chiamava Keeper of Time. C’è da dire che io sono entrata nella band soltanto un anno fa, l’anno scorso, ovvero nel 2017; prima di me la band aveva un’altra cantante e aveva prodotto, se non erro, un demo… insomma, aveva fatto un po’ di concerti, aveva aperto ai Masterplan, diciamo che i ragazzi avevano cominciato a fare un po’ di cosette, poi sono arrivata io. I pezzi dell’album erano già stati scritti, mancava solo di registrarli in studio. Io son entrata e sono volata leggiadramente in studio subito a Genova. Detto questo, che dire? Noi proponiamo un symphonic power metal, ognuno di noi vuol cercare di portare una delle proprie influenze. Portiamo delle influenze che possano portare del symphonic sicuramente classico, tipo Epica, ma anche sonorità molto più aggressive, come possono essere i Dimmu Borgir o questi generi un pochettino più estremi, soprattutto nei riff di chitarra. Cerchiamo, quindi, di creare delle sonorità orchestrali molto cariche, molto quasi cinematografiche, accompagnate da un uso della chitarra e anche del groove, quindi basso e batteria, molto, molto ‘extreme’. Cerchiamo di coniugare tutte queste cose a livello prettamente strumentale. Per quanto riguarda la vocalità, io ne uso una un po’ pop e una più lirica, cercando quindi di alternare un po’ gli stili e dare dei colori differenti a seconda di dove, come e quando il brano lo richieda. Personalmente cerco di variare, vocalmente cerco anche di ‘giocare’ il più possibile con i vari stili da voce aggressiva o un falsetto delicato oppure, magari, un lirico pieno perché, alla fine, io ho l’idea che siano questi brani stessi che richiedono varietà, perché avendo così tante influenze anche a livello strumentale, la voce deve andare sulla stessa riga, sulla stessa linea… per cui deve variare il più possibile. Variazione è un po’ il nostro tema base.
È da poco uscito per la Revalve Records il vostro debut album, “Reborn in Aestethics”. Quale tipo di accoglienza ha avuto dal pubblico?
Chiara: Siamo piuttosto contenti di questa uscita. L’accoglienza viene comunque data da quello che è stato l’esito delle varie recensioni che al 98% andavano dal 6 sino al 9/10. Devo dire che sono andate molto bene. Non me lo aspettavo! Da un debut album non ti aspetti mai che ci sia un exploit, dato che la band deve comunque conoscersi, i ragazzi devono conoscersi tra loro, soprattutto i nuovi arrivati come me; nonostante tutto, ho avuto degli esiti molto positivi! Devo dire che è stato accolto molto bene, ecco!
Come dicevo pocanzi, quasi tutti voi avete alle spalle esperienze diverse con differenti band: ad esempio, Andrea milita negli Skeletoon, tu Chiara hai avuto il tuo percorso con i Pursuing The End e via discorrendo. Il vostro percorso e quindi le vostre esperienze pregresse hanno influito sulla composizione del materiale di questo debut album? Cosa vi ha influenzato nella composizione del disco?
Chiara: Diciamo che ognuno porta qualcosa: ad esempio, magari Andrea porta un riff di chitarra, il tastierista porta una serie di linee di orchestrazione, è molto bravo. Devo dire che in questo è molto bravo! Ognuno porta un qualcosa e poi da lì ci costruiamo qualcosa sopra. Ognuno porta la sua a livello strumentale, magari può essere la volta del chitarrista, o la volta del tastierista, magari non c’è una persona sola che fa questa cosa come spesso accade che può essere un bene o un male. È comunque una questione di gusti, diciamo che noi, in questo modo, ci troviamo benissimo per cui continua così, ecco!
Devo dire che, a parte essere stata colpita dalla vostra proposta musicale, questo metal sinfonico dalle tante sfaccettature, poiché come dicevo giusto due secondi fa, conosco alcuni di voi a causa dei propri percorsi fatti con le rispettive band, devo dire che la mia attenzione è anche stata catturata dalla copertina del disco. Potresti illustrarcela?
Chiara: L’artwork è stato progettato da Andrea Dolzan, il nostro grafico, che ha creato tutto ciò che riguarda il booklet. In copertina ci sono io, eh… quell’essere strano sono io, nuda… Oh mio dio, nuda! Stranamente tutti quanti noi non ce ne capacitiamo. Cosa significa la figura? Beh, è un essere che non è nè maschio, nè femmina, è un essere androgino, molto ibrido, perché vuole rappresentare un super uomo, cioè o uomo o donna, non facciamo un’accezione sessuale, che vada a superare l’umanità stessa! È un essere che va a liberarsi delle catene imposte dalla società, dalla religione, non solo quindi riguardante la società moderna, ma anche quella che c’è stata nei secoli. Vuole, quindi, ricercare il vero spirito interiore. La posizione che tengo io è fondamentalmente una posizione yoga che crea stabilità, quella interiore; vi è un braccio rivolto al cielo e l’altro verso la terra che può essere vagamente il famoso “solve et coagula”, anche se non vorrei che si pensasse questo, perché porta all’immaginario satanista, satanico, definitelo come volete… Il mio intento non deve condurre a questo, vorrei semplicemente che fosse il messaggio dell’uomo o donna che è nella sua libertà, liberamente collegato al cielo e alla terra, ciò che è immanente e ciò che, invece, è celestiale. Un collegamento equilibrato ed in ogni caso sempre equilibrato dal libero arbitrio personale!
Oggi siete qui a Mantova al Milady Metal Fest dove ci avete offerto un assaggio completo di questo lavoro discografico. Avete avuto modo di guadagnare già una vostra esperienza personale in ambito live e proprio per questo vorrei chiederti: quali sensazioni ti accompagnano quando sali sul palco?
Chiara: Quello che io provo personalmente è una grandissima eccitazione, è quell’eccitazione positiva, assolutamente positiva. È un brivido che sento nascere dentro di me e che poi con lo strumento vocale tento di riportare agli altri, di ‘regalare’ al prossimo e quando vedo questo collegamento che avviene, perché avviene veramente quasi subito dalla prima nota, per me è il massimo della gioia. È il massimo della felicità che posso provare in quel momento, ci siamo io e voi, voi e me. Nel cantare, io cerco sempre di dare il massimo della passione, una passione che può essere anche fisica: io sento proprio nel mio corpo un’eccitazione, non vorrei dire sessuale ma… non so come spiegare. È quell’eccitazione fisica che è meglio del sesso ancora, lo supera addirittura! È un qualcosa che non si può ripetere altrove, è proprio il palco ed è la stessa cosa che sento, magari, anche sul palco del teatro lirico o su un palco mentre sto cantando pop… questo è un po’ indipendente dal genere. È proprio una mia forma espressiva, diciamo. Nel metal è un qualcosa di veramente forte, è veramente tanto forte.
Come ben sapete, oggi giorno è veramente difficile riuscire a farsi notare o comunque ottenere un certo riconoscimento in un panorama musicale che continua ad evolversi e, diciamocelo, forse a pretendere un po’ troppo dalle band. Secondo voi quanto è realmente arduo riuscire ad ottenere l’attenzione che una band esordiente dovrebbe comunque meritare? È veramente così difficile riuscire a farsi un nome o perlomeno avere un certo seguito in tempi così celeri?
Chiara: È molto dura, perché comunque la concorrenza è tantissima, ci sono band bravissime, così come ci sono cantanti bravissime, perché comunque, negli ultimi anni magari, le persone, o semplicemente i ragazzi iniziano a studiare uno strumento, iniziano a studiare il canto. Oggi è una cosa più alla portata di tutti rispetto agli anni ’90, ’80 e anche grazie ai social si ha più la facilità di farsi conoscere, anche quando, magari, quel materiale non è proprio fantastico! Il social network, però, aiuta e aiuta anche chi è non è proprio bravissimo, quindi siamo tutti buttati in un calderone, dove ci sono quelli bravi e quelli un po’ meno bravi, e quindi è tutto livellato, è tutto portato al pari. Ora, la cosa che si può fare è quella di cercare il più possibile delle idee originali che, però, non tanto spesso possono essere accolte positivamente perché molte etichette, comunque, vogliono la stessa solfa perché sanno che vanno sul sicuro! Non si rendono conto, però, che le band cominciano a diventare tante: una, due, tre… e arriviamo a quattromila band della stessa risma! Noi, nel nostro piccolo, tentiamo l’opposto: è un rischio, perché le nostre idee potrebbero piacere o meno. Noi non abbiamo vie di mezzo! Noi siamo proprio o bianco o nero e ce ne rendiamo conto ma noi vogliamo andare avanti per la nostra strada. Come Gesù, chi ci ama ci segua, quindi noi facciamo il nostro.
Come dicevo prima, tu hai militato nei Pursuing the End e sei in questo ambiente già da un bel po’ di anni. Come tale, hai visto anche la nascita di molte band con voce femminile e hai avuto anche modo di vedere come si è evoluta la cosiddetta scena al femminile, la female fronted scene. Secondo te perché tuttora la gente pensa che se una donna milita in una band significa necessariamente che il gruppo non è in grado di dare un buon apporto musicale e che, quindi, preferisca puntare sull’immagine della band piuttosto che farsi conoscere per la proposta musicale che offre? Veramente nel 2018 dobbiamo ancora subire certi discorsi quasi ‘sessisti’ in cui la gente asserisce che se una band ha una cantante donna allora non merita nemmeno un briciolo di attenzione?
Chiara: Io penso che stiamo andando sempre peggio! Sembra assurdo, ma dagli anni ’70, ovvero gli anni della rivoluzione femminista, ad ora non stiamo ottenendo dei miglioramenti, ma stiamo andando in una situazione di retrocessione perché è molto più alla portata di mano sia la sessualità, che l’aggressività della femmina. Più c’è questa libertà di costumi, più l’uomo ha paura e quando l’uomo ha paura tende a buttare tutto quanto nel Medioevo! Un uomo che è spaventato da una donna tende a puntare il dito, quindi invece di diminuire i pregiudizi nel tempo, questi aumentano sempre di più. Quanto più la donna ha libertà di costume, tanto più l’uomo diventa spaventato e quindi attacca e diventa sempre più aggressivo! Questo è un male! Io non so dirti se esista veramente una via di fuga, non credo! Io credo che andremo sempre peggio. L’unica cosa che si può fare è che la cantante sia il più preparata, il più brava, il più perfetta possibile per dare sempre meno adito a certi atteggiamenti; però voglio anche dire che, nella sua bravura, deve anche naturalmente sentirsi libera di esplicare la propria bellezza – se ce l’ha, ma anche se non ce l’ha – e la propria sensualità, la propria femminilità, perché per me il metal è anche questo: femminilità e sensualità… almeno per Chiara Manese, è una mia idea strettamente personale!
Mettiamola giù in maniera scherzosa: secondo voi, perché la gente dovrebbe dare il proprio supporto ai Kantica?
Chiara: Se l’ascoltatore ha voglia di una bella botta di vita e se ha voglia di contrasti, se vuole luce e ombra, se vuole la dolcezza e l’aggressività estrema, Kantica è la risposta, perché noi siamo fatti di luce e di ombra. Non esistono vie di mezzo, quindi chi ha bisogno di emozioni forti, secondo me in noi può trovarle!
“Reborn in Aesthetics” è uscito appunto a febbraio per Revalve Records. Attualmente quali sono i progetti che vi vedranno impegnati nel corso dei prossimi mesi?
Chiara: Noi stiamo già scrivendo per il nuovo album con calma, però abbiamo già un bel po’ di materiale, un po’ era già presente da prima, da un po’. La cosa importante per noi è suonare il più possibile, farsi conoscere, perché è l’unico modo per far vendere. Non c’è niente da fare. Penseremo poi a un possibile tour in futuro, però innanzitutto vogliamo suonare più che possiamo, tanto!
Ti ringrazio, Chiara, per la tua disponibilità. Come ben sai, le parole finali spettano come sempre all’intervistata!
Chiara: Ragazzi, ascoltate i Kantica perché è un bel progettino. Penso che in noi possiate trovare qualcosina un po’ più originale rispetto a quello che viene proposto ultimamente, o almeno, questo è il mio parere, ed è anche il nostro fine! Io spero che accorriate il più presto a vederci ai nostri prossimi live. Stay metal!