KALAH – Intervista con la band hybrid metal bolognese (ITA version)

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Intervista di Arianna Govoni

Il mondo della musica è bello perché è vario… In un periodo dove tutto sembra rallentare e, in qualche modo, addirittura fermarsi a causa della pandemia globale, ecco che una nuova band prende vita e decide di rallegrare questo anno grigio portando aria di novità e freschezza. Prossimi al debutto proprio in questi giorni, i bolognesi Kalah si apprestano a presentare il loro mash up ibrido di metal e sonorità elettroniche nell’ EP “Descent”, disco d’esordio che comporrà, come avrete modo di leggere, la prima parte di un unico concept album in uscita a fine anno. In esclusiva sulle nostre pagine, vi presentiamo un’esaustiva intervista condotta pochi giorni fa con la band al completo, che così si racconta a voi lettori.

Ciao ragazzi e benvenuti su Femme Metal. È un vero piacere avervi qui con me. Oggi siamo qui per dar spazio, appunto, ai Kalah, una giovane e promettente band nata, se non sbaglio, proprio lo scorso anno… Partiamo, quindi, da una domanda molto basilare ma utile a presentarvi al nostro pubblico: vi andrebbe di raccontarci come è nata l’idea di formare questa band?

Dario: Come tutte le cose belle, è nata un po’ in maniera casuale. È successo che già quattro persone si conoscevano e suonavano insieme e, poco prima del lockdown, io e Claudia, la cantante, siamo entrati nel gruppo perché abbiamo risposto semplicemente ad un annuncio di queste persone che cercavano gli ultimi membri per formare il gruppo. È stato molto semplice, ci siamo trovati, come capita spesso, di rado e abbiamo sentito subito l’esigenza di fare qualcosa insieme e quindi è stato tutto molto semplice. Spesso nei gruppi, per chi ha un po’ di esperienza, capita di stabilire che genere fare, cosa fare, quali sono le idee musicali da seguire… invece in questo caso è stato tutto molto semplice, perché semplicemente ci siamo da subito trovati molto bene e non c’è stato bisogno di fare quell’esperienza iniziale che molti gruppi fanno, suonando cover, per dire, o cose di questo tipo. È stato casuale, ma anche facile allo stesso tempo e, dopo poco, abbiamo subito sentito l’esigenza di scrivere brani che sono venuti molto rapidamente che contraddistinguono il nostro modo di vedere la musica.

Anche il nome scelto per la band è interessante. Se non erro, “Kalah” è il nome di un gioco da tavolo ispirato ai mancala africani, i quali appunto prendono il nome dal deserto del Kalahari. A cosa è dovuta la scelta di optare per un così peculiare nome?

Claudia: Beh, in realtà ‘Kalah’ è un termine sanscrito che indica quel movimento impercettibile che fa lo spicchio della luna man mano che cresce, per poi arrivare alla luna piena, quindi lo abbiamo preso da quello, dall’idea di movimento costante e non sempre percettibile.

Dario: È una sorta di idea di evoluzione che mettiamo anche nel nostro modo di scrivere. Adesso immagino che tu abbia sentito solo il primo pezzo, però l’idea è di quella di trasformazione, quindi ci è sembrato da subito un termine che fosse anche affascinante per il suo significato un po’ strano. Semplicemente ci è capitato questo termine e, insomma, ci è piaciuto.

Non so se sia corretto ciò che sto per dire, ma i Kalah sembrano più una band ibrida, se mi passate il termine. Ascoltando i 4 pezzi del vostro EP, “Descent”, il quale uscirà il prossimo 1 febbraio, c’è da dire che ci sono tantissimi elementi, dal metal alle sonorità melodiche, ai passaggi elettronici. Da dove nasce, quindi, l’esigenza di mescolare così tanti generi all’interno della vostra proposta musicale? Deriva perlopiù dal vostro personale background stilistico, visto che, ad esempio, Alessio suona in altre tre band differenti (Imago Imperi, Hidden Lapse e Hellcome, tutte e tre con diverse sonorità), o semplicemente è stata una scelta ponderata e mirata, per cosi dire?

Dario: Mah, se vuoi intendere che l’idea è stata a priori quella di fare una musica di questo tipo, no, non è stato proprio così. Abbiamo tutti background diversi e, come hai detto, Alessio suona in altri gruppi di stampo metal, io ho suonato per anni le tastiere, sono quello che si occupa delle parti elettroniche in gruppi di stampo metal. Io ho un background classico, perché ho studiato per anni musica classica al conservatorio, il chitarrista ha un background estremamente vario, quello solista, quindi è più blues, più funky, hard rock, metal… Il chitarrista ritmico viene molto da un metal con un “riffaggio” – sì, ci piace chiamarlo così – potente, quindi l’idea era di lasciare spazio a tutti e creare qualcosa di bello che non fosse un limite per qualcuno ma che potesse essere tutto libero come termine di espressione. Volevamo creare qualcosa che fosse ibrido e, allo stesso tempo, che piacesse a noi. Lo scopo non era fare qualcosa di vendibile, quanto qualcosa che fosse importante per noi, credo! Stiamo andando su quella strada.

Claudia: Anche se in realtà è avvenuto in modo molto naturale, perché ci siamo trovati subito, mischiando un po’ i generi…

Mario: Nessuno ha detto: “Facciamo questo, perché manca questo”. È stato immediato trovarsi con le diverse sensibilità, ognuno portando la propria, si è creato una quadra  per tutte le sensibilità diverse e i prodotti ne sono un’espressione perfetta, secondo noi.

Dario: Nel secondo EP, che insieme agli altri due formerà il disco completo, sentirai sicuramente un’evoluzione, un cambiamento, proprio per dare l’idea di non rimanere fermi su uno stile e dire: “Okay, facciamo una cosa come un gruppo in particolare, ma facciamo qualcosa di nostro che è un’evoluzione”.  

Se doveste, quindi, definire il vostro sound al pubblico o, comunque, ad una persona che vi ascolta per la prima volta e che vorrebbe farsi un’idea sui Kalah, quale parole o aggettivi utilizzereste per, appunto, presentarvi?

Claudia: Direi che siamo una band electronic melodic metal, ecco, se dovessi racchiudere tutto in un genere, anche se è molto difficile, perché, in realtà, siamo abbastanza eterogenei in quel che facciamo.

Dario: Non vogliamo fare come tutti quei gruppi che dicono: “No, no, il nostro genere non esiste, il nostro è solo power, non è solo quello”. Sono boiate! Diciamo che è un metal con grandissime influenze elettroniche che, però, non sono elettronico ma è anche dubstep, elettronica più classica, 8 bit, come salterà fuori più avanti… Non voglio spoilerarti niente! È una roba, però, che spazia in tutto questo mondo, ecco, quello che noi non usiamo sono gli strumenti classici, come violini, archi e questo genere di cose, perché non ci rappresentano come indole. È solo per questo, non abbiamo nulla contro i violini!

Mario: Ovviamente è melodic, perché c’è comunque una componente melodica molto importante che vogliamo mantenere.

Dario: L’idea che non ci piaceva era quella di avere una cantante come succede in molti gruppi, che fanno musica metal elettronica dove c’è, in effetti, una cantante pseudo pop. Volevamo comunque un’impronta più metal dove, appunto, la cantante sia uno dei membri del gruppo e non quella che “tiene” i fan e poi, di fatto, non è niente, nel senso che non è un elemento in più. 

I Kalah, come dicevamo poco fa, prendono vita solo lo scorso anno in un periodo, diciamocelo, decisamente infausto caratterizzato prevalentemente dalla pandemia globale covid-19. Come avete vissuto in prima persona questo periodo storico e, in secondo luogo, come si sono svolte le sessioni di lavorazione dell’EP come scrittura e registrazione in un momento così delicato e critico?

Alessio: Diciamo che la fortuna che abbiamo è che viviamo insieme ad alcuni dei membri, c’è Marco, mio fratello, alla chitarra e Manuel, il bassista. Siamo coinquilini, quindi diciamo che la mia stanza ha avuto un po’ la funzione di studio. È stato un po’ il punto di unione in cui siamo riusciti a portare avanti il lavoro da remoto, poiché gli altri non erano con noi fisicamente… Non siamo mai stati separati del tutto, eravamo in costante comunicazione e abbiamo cercato, appunto, di dare modo, di portare avanti le proprie idee sui brani e confrontarci. Non è stato semplicissimo, ovviamente, perché vederci, chiaramente, è importante, però nel periodo nel quale le misure si sono un po’ allentate, abbiamo avuto modo di vederci e finire, almeno, i brani del primo EP. Abbiamo un po’ portato avanti tutto il lavoro…

“Descent” è stato già anticipato da un primo singolo che io letteralmente apprezzo tantissimo, ovvero “Six Feet Underground”. Pensate che questo brano possa essere un buon biglietto da visita per la band?

Claudia: Io credo di sì, perché in realtà lo abbiamo fatto uscire con l’idea di introdurci in un ambiente, di far introdurre l’ascoltatore in un ambiente che, a prima vista, magari è festoso, perché le sonorità sono quelle, però andando, poi, avanti con l’ascolto con i prossimi brani che usciranno, c’è di più l’idea della discesa… Entriamo, quindi, in una stanza molto bella, per poi andare a visitare le segrete della cantina. Me la sono immaginata un po’ così…

Che tipo di accoglienza avete ricevuto e quali sono stati i feedback ottenuti subito dopo la pubblicazione del brano?

Dario: Beh, secondo me abbiamo avuto un buon feedback su Youtube, ma anche su tutti i social, diciamo… quindi Facebook, Instagram e anche Spotify! È stato il primo singolo e dovevamo anche tirar fuori qualcosa di un po’ più ‘catchy’, perché alla fine quando un gruppo nasce non può mostrare completamente la sua anima, la sua indole ed il suo modo di essere, è, purtroppo, difficile! È difficile lasciare il segno, quindi molte volte uno deve essere un po’ più accondiscendente, ma non è il termine giusto… Deve andare un po’ più incontro al pubblico, questo, però, non vuol dire fare quello che il pubblico vuole, vuole semplicemente dire fare qualcosa che desti un minimo l’attenzione, per poi poter dire quello che effettivamente vuol dire. Questa è la presentazione che serve per dire quello che abbiamo da dire veramente. Sì, siamo molto contenti del risultato di questo e, sicuramente, “Six Feet Underground” non è il nostro pezzo più importante e non rappresenta completamente il nostro stile. Come inizio, però, siamo molto contenti!

Mario: Racchiude un po’ alcuni elementi fondamentali.

Manuel: È una buona introduzione al disco. Diciamo che può essere una chiave di lettura abbastanza interessante, è più comprensibile, è lo step iniziale per poi, appunto, andare a valorizzare tutte le sonorità che ci saranno nel disco. Appunto, si parla di una prima parte, nel secondo ci saranno delle sonorità un po’ più oscure, senza fare spoiler, ma si andrà comunque ad analizzare più elettronica.

Dario: C’è, comunque, anche un’introduzione alla dubstep, ci sarà molto di più dopo… Ci sono un po’ di anticipazioni, era quello che si apprestava di più all’apertura, sinceramente… poi tu hai già ascoltato tutti e quattro i singoli, quindi potrai confermare! 

Cosa potete dirci in merito alle tematiche dei singoli? Da dove avete tratto ispirazione?

Claudia: Mah, non so dirti nemmeno io da dove ho preso l’ispirazione! Probabilmente mi svegliavo la mattina con un’idea, la buttavo giù e poi, pian pianino, l’ho sviluppata. In “Descent” ci sono quattro storie diverse, autoconclusive, una per brano, e sono tutte collegate da un limbo in cui si trovano i personaggi di tutte le storie. Sono in una prigione che, talvolta, si costruiscono loro, a volte fisica, da cui non possono o non vogliono uscire, quindi c’è questo senso di claustrofobia comune, anche se, magari, dalle sonorità non si sente. Le tematiche, però, sono queste.

L’EP uscirà il 1 febbraio, deduco solo in digitale. Quali sono le aspettative indirizzate a questo vostro primo lavoro? Si sa, spesso tutte le band, anche se fanno fatica ad ammetterlo, si creano un po’ qualche aspettativa proprio a ridosso della release ufficiale. Quali sono le vostre?

Dario: Beh, tutti sperano in qualcosa di bello, che sia un EP, che sia qualunque cosa, quindi speriamo che piaccia, o almeno, come piaccia a noi, o che, comunque, possa lasciare un minimo il segno, che possa comunicare qualcosa. Ambizioni per il futuro? Beh, sinceramente al momento a noi interessa avere fatto qualcosa e trovarci nello scrivere e nell’aver buttato giù un disco completo di 13/14 tracce che ci piace e che dice qualcosa di noi. Dal primo lavoro, poi, è difficile aspettarsi grossissime cose e, secondo me, una persona deve partire con i piedi per terra e pensare di fare della buona musica, sperare di piacere a delle persone e questo è già sufficiente come primo lavoro. Se il futuro, poi, ci riserverà qualcosa di meglio, tanto meglio, però questo già ci rende felici.

Alessio: Diciamo che, anche in base al periodo abbastanza complicato che c’è in questo momento, è anche difficile poter promuovere la propria musica dal vivo. La nostra scelta, quindi, di far uscire solo una parte involuta, nel senso che, piuttosto che impegnarci in questo momento in un’opera molto grande che, magari, nel panorama risulta dispersiva, abbiamo preferito un formato più ristretto per attirare un po’ più l’attenzione. Speriamo di riuscire in futuro a pubblicare l’opera intera e, magari, anche promuoverla in una maniera un po’ più adeguata.

Dario: Questa è anche un po’ l’idea della suddivisione in tre parti, dove ci sono tre stili in evoluzione, quindi l’idea era proprio di suddividerlo un po’ come una sorta di romanzo d’appendice che esce a puntate. L’idea era di suddividere l’opera in più parti per dare modo agli ascoltatori di capire una parte una volta… Questa era l’idea della suddivisione, al di là del periodo.

Una cosa interessante che mi ha da subito incuriosita in merito a “Descent” è che sarà il primo capitolo di tre pensati a formare un concept album. Spesso lo studio di un concept richiede moltissimo studio e tantissimo impegno, dipende poi sempre dalle tematiche ad esso associate. Per una band giovanissima come voi immagino sia una grossa sfida e ho la sensazione che a voi piacciano le sfide! I capitoli avranno una cadenza annuale / biennale o al momento è troppo presto per rifletterci su?

Dario: Entro fine dell’anno usciranno tutti quanti! Il concetto è che si è trattato di una scelta suddividerli e farli uscire separatamente, ma il disco è finito! Sarà un disco con 12 o 13 tracce più due bonus track, proprio per far uscire una cosa che sia corposa. Oggi si vedono dischi che durano 32 minuti, 35 o 40… noi vogliamo una presentazione un po’ più importante, visto che è vero che è comunque il primo lavoro, però non vogliamo nemmeno dare l’impressione di esserci sforzati di fare un lavoro di 30 minuti tirato per i capelli… Le idee ci sono ed è già tutto stabilito, si tratta solo una suddivisione che abbiamo pensato di fare…

Secondo voi, perché le persone dovrebbero ascoltare e, di conseguenza, dare una chance ai Kalah? Potreste, ad esempio, fornirmi una motivazione ciascuno proprio per cercare di incitare la gente a seguirvi e a supportarvi!

Dario: Mi verrebbe da dire che non abbiamo nessun limite precostruito, nel senso che facciamo quello che ci piace e basta! Secondo me non servono motivazioni, una persona ascolta il brano, gli piace? Non abbiamo bisogno di venderlo.

Manuel: È curiosità naturale, come hai detto. Mi è piaciuto il singolo, allora sono curioso di sentire il prossimo… e speriamo anche gli altri! Speriamo che questo primo EP, questo ascolto porti e crei curiosità ed interesse nei confronti della musica che facciamo. Alla fine facciamo la cosa più naturale possibile, è stato bello trovare il modo di concentrare tutti i nostri background in quello che è il prodotto Kalah, in quello che è la musica che facciamo… e la vogliamo spammare, vogliamo far sentire agli altri la nostra musica. La curiosità, poi, deve nascere, andare ad imporsi come band, cercare di fare la cover, le cose un po’ per invogliarsi… Noi facciamo questo! Se piace e la gente ci ascolta, siamo contentissimi, altrimenti lo ascolteremo noi!

Dario: Per quanto si possa fare una cosa, ci sarà comunque gente che ti darà contro e anche gente che, invece, ti stimerà tantissimo.

Alessio: Diciamo che, rispetto a band con voce femminile un po’ più melodiche, più classiche, la componente “aggressività”, nel nostro caso, è abbastanza presente. Ci sono delle ritmiche abbastanza pesanti e difficili, quindi secondo me un elemento che ci contraddistingue, nell’ambito della musica con voce femminile più melodica, è il fatto anche di avere questa componente aggressiva e ritmica.

Dario: E immagino anche per lo stile, nel senso che Claudia non si veste come Elize Ryd o come tutte quelle cantanti canoniche in campo metal, tutte vestite in latex che devono fare vedere quanto sono fighe… Claudia ha uno stile un po’ più punk e, devo dire, la cosa ci piace! L’immaginario del female fronted, purtroppo, è questo! Se tu vedi il 90% dei gruppi con voce femminile che fanno un genere simile, hanno la cantante che è sempre vestita in modi assurdi per attirare più pubblico maschile possibile… e molte volte non aggiunge niente!

Claudia: Magari è messa lì come soprammobile, ma parliamo di cantanti con delle doti immense che, purtroppo, secondo me vengono anche un po’ sacrificate in questo modo…

A vostro avviso, quali sono i punti di forza dei Kalah?

Dario: Io potrei dirti che è un’elettronica senza compromessi, dove non facciamo solo roba che può piacere ma dove puoi trovare anche “suoni disturbanti”, detto in modo molto semplice, quindi c’è anche la capacità di sperimentare! Io come primo punto di forza metterei la capacità e la voglia di sperimentare!

Mario: Io potrei aggiungere la volontà di richiamare il lato melodico senza compromettere le ritmiche. Come dicevamo prima, spesso la melodia prevede accordi aperti, quindi compromette la parte ritmica. Noi, chiaramente, voglia avere melodia per mettere in risalto la voce di Claudia, ma mantenendo comunque una tessitura di chitarre che sia più complessa e meno comprensibile possibile, senza che questa sia troppo dritta.

Alessio: E in tutto questo, il ritornello cantabile non rimane mai indietro, è comunque una nostra caratteristica!

Dario: Non vogliamo farlo, però, secondo me, è figa l’idea che si possa cantare il ritornello.

Claudia: Diciamo che ognuno di noi ha il proprio spazio e, a volte, non è molto facile, perché siamo comunque in sei ed è bello, pur essendo in sei, che ognuno sappia esprimersi al meglio. La nostra forza è che, comunque, riusciamo ad avere un equilibrio tra noi, nel senso che nessuno prevale e nessuno viene lasciato indietro.

Dario: In tutto questo le chitarre sono più basse, nel senso che anche nel mix risultano tali, proprio per lasciar spazio alla voce, che è più pop, e alla roba elettronica che prevale. Noi, invece, abbiamo fatto la scelta di lasciar molto spazio anche alle chitarre ritmiche, altrimenti viene meno il senso del metal. Sembra che poi si vada a far pop e non ci piaceva molto l’idea.

Al momento quali sono i progetti che vi vedranno coinvolti prossimamente?

Dario: Usciranno tre video, sicuramente, per questo EP: un lyric video, un visualizer e un video completo che non voglio spoilerarti lo stile, ma richiamerà gli anni ’80, qualcosa del mondo dei computer di quegli anni, perché siamo legati a questo stile; dopotutto siamo tutti dello stesso periodo, abbiamo giocato ai videogiochi e siamo legati a questo mondo.

Claudia: Siamo nostalgici!

Dario: Il mondo 8-bit ci affascina tantissimo! A parte questo, ci sarà un’altra serie di video, perché abbiamo intenzione di dare un volto a tutti i nostri pezzi. È brutto, spesso, uscire con un album, fare un video e tutto il resto sparisce… quindi vogliamo dare spazio a tutti quanti i pezzi e metterci già all’opera sul prossimo lavoro, perché alla fine abbiamo tante idee e siamo estremamente prolifici sotto questo punto di vista. Siamo molto contenti, visto che il primo lavoro è quasi finito dal punto di vista della stesura, perché non iniziare a lavorare al prossimo? Tanto anche se non possiamo eseguirlo live, intanto possiamo buttarlo giù poi, prima o poi, il mondo si riaprirà quindi avremo anche modo di suonarlo, spero…

Claudia: Almeno sfruttiamo questo tempo in modo utile.

Ok ragazzi, vi ringrazio tanto per questo spazio! Vi lascio la possibilità di concludere questa chiacchierata come meglio credete!

Alessio: Grazie mille dello spazio che ci hai concesso, speriamo di riuscire a portare questo lavoro anche dal vivo e speriamo che l’uscita di questo primo EP ci dia già qualche soddisfazione, qualche riscontro…

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