Intervista di Nicolas Trillini
A distanza di quattro anni dalla nostra precedente intervista, i Revenience si presentano al pubblico nostrano sotto una nuova luce e sono pronti a far nuovamente parlare di sé. Nonostante l’assenza dovuta alla lavorazione del nuovo album, come avrete modo di leggere in questa dettagliatissima intervista, la band bolognese continua a lavorare dietro le quinte. In attesa di rilasciare il secondo capitolo discografico, tuttora in fase di registrazione, il quintetto si appresta ad offrire una performance succulenta in un San Valentino molto distintivo che, quest’anno, omaggia le voci del metal femminile italiano ed europeo in una serata piuttosto avvincente. In tale occasione, ci siamo concessi una lunga chiacchierata con la band al completo, per fare il punto della situazione e svelare anche qualche piccola perla nascosta legata alla lavorazione di questo atteso album.
Ciao ragazzi, grazie del tempo che ci state concedendo, nonostante oggi per voi sia una giornata molto importante. Dopo parecchi mesi, tornate qui a Mantova all’Arci Tom, questa volta in supporto ai Visions Of Atlantis. Come vi sentite a tornare in pista dopo uno stop quasi forzato?
Luca: Siamo contenti di essere qua, abbiamo suonato a Novembre nel 2018, quindi è passato un po’ di tempo, però in realtà non pensiamo sia stato uno stop forzato, ma siamo in fase di composizione.
Pasquale: È uno stop produttivo!
Luca: Esatto, siamo in fase compositiva quasi terminata e stiamo registrando, ovviamente, il nostro nuovo disco, quindi…
Pasquale: Abbiamo già girato anche un nuovo video…
Fausto: Diciamo che il motivo per il quale siamo fermi è per questo, per finire il lavoro nuovo.
Luca: Esatto! Siamo contenti, quindi, di aver avuto questa occasione, parlandone anche con Michele (Guaitoli, ndr), il cantante dei Visions, che ci ha dato questa opportunità, poi. I Visions, nella totalità della band, ci sembravano un’ottima opportunità per portare anche un brano nuovo che è già nella setlist, però ancora nessuno lo ha sentito, quindi era anche interessante vedere la risposta del pubblico e metterci alla prova e suonare qualcosa che non suoniamo mai.
Avevate già avuto modo di presentarvi, appunto, al pubblico mantovano in precedenza in supporto ai Kalidia. Come è stata l’accoglienza e come hanno reagito gli spettatori ai brani del vostro album di debutto?
Simone: L’accoglienza è stata veramente ottima, tant’è che siamo venuti come spettatori allo scorso Milady Metal Festival e ci hanno conosciuto, ci hanno detto: “Sarebbe stato bello vedervi suonare qua questa sera, insomma… Quand’è che tornate?”. È stata un’ottima accoglienza…
Pasquale: Tra l’altro, qualcuno cantava anche qualche nostro brano, quindi è stata una sorpresa anche questa! Nonostante Daedalum sia il nostro primo album… beh è bello vedere che le persone cantano i tuoi pezzi.
Luca: C’è però un bel rapporto con Massimo di Arci Tom, è un’amicizia che è nata a novembre, anche se io lo conosco da qualche mese in più e sembrava bello tornare a trovarlo. Ci dà veramente un’ottima accoglienza, ci fa sentire a casa.
Fausto: Pensa che io e Pasquale eravamo venuti a suonare qui e abbiamo conosciuto Massimo 11 anni fa, per farti capire quanto siamo vecchi!
Pasquale: Eravamo in supporto agli Skyclad, con un’altra band. Non eravamo con i Revenience.
“Daedalum” sta giungendo alla soglia dei 4 anni se non erro, al momento state già lavorando a un successore?
Pasquale: Sì, stiamo registrando. Ormai i brani sono stati scritti e vanno solo finalizzati.
Fausto: Una cosa importante da dire è che questo intervallo di tempo molto lungo tra un album e l’altro è dovuto ad un sacco di cose: da un lato alcune vicende lavorative, che ci hanno fermati per qualche mese; poi abbiamo scelto di cambiare un po’ il suono della band, per provare ad andare a cercare uno stile un po’ più moderno, un po’ più evoluto… Penso che ci siamo riusciti, insomma, siamo abbastanza contenti del risultato, quindi è stato anche un periodo di tempo utile per analizzare quello che avevamo fatto in precedenza, capire i punti deboli e virare verso un prodotto più attuale.
Pasquale: Sì, abbiamo cercato un po’ di abbandonare la vena più ‘sinfonica’ presente nel vecchio album, di staccarci un attimo dalle band iconiche di questo genere, come possono essere Nightwish, Within Temptation e via discorrendo… Stiamo cercando un sound più moderno, anche con qualche ‘spruzzata’ di progressive in mezzo, anche perché tutti noi veniamo un po’ da quel mondo lì…
Luca: Il sound dei Revenience deve essere un po’ più personale… Oggi è sempre più complicato fare qualcosa di originale e comunque sei sempre più accostato a dei nomi che, come diceva Pasquale, sono iconici, quindi l’intenzione è proprio fare qualcosa che sentiamo sempre più nostra e questo ci ha portato ad una produzione che, speriamo, potrete sentire a breve.
Questa sera avete avuto modo di presentare un inedito che farà parte, appunto, del prossimo disco. Che tipo di aspettative avevate, avendo voi già avuto il piacere di calcare il palco di Arci Tom?
Fausto: Eravamo curiosi di sapere come il pubblico avrebbe reagito… e direi che ha reagito bene! Anche noi ci siamo gasati!
Debora: È stato un esperimento.
Simone: Eravamo curiosi di sentire la resa live!
Fausto: Ti spiego una cosina tecnica, che magari può essere interessante: non abbiamo mai suonato insieme i pezzi del nuovo disco, né in studio né in sala prove. Sono stati composti “a tavolino” e quindi eravamo curiosi di vedere poi come sarebbero venuti live… è la seconda volta che facciamo questo pezzo nuovo dal vivo, Awake, (la prima è stata in un contesto un po’ più piccolino). Già dalle ultime prove avevamo il sentore che potesse funzionare, ci sembrava avere una marcia in più rispetto alle precedenti composizioni.
Pasquale: Sì, perché poi quando componi e registri, magari ascolti e ti sembra che tutto possa funzionare, poi però quando vai a suonare in sala, ti accorgi che qualcosa dal vivo, magari, non funziona come dovrebbe. In realtà questa sera ha funzionato parecchio!
Simone: Alle scorse prove, per curiosità abbiamo provato a suonare anche gli altri brani nuovi…devo dire che ci guardavamo ed eravamo tutti piacevolmente stupiti dalla resa live!
Pasquale: Diciamo che, in fase di composizione, abbiamo pensato molto anche all’aspetto live, ci si poneva sempre il problema: “questo brano, però, dobbiamo portarlo live, quindi cerchiamo anche di pensare a come potrebbe rendere live”. Sembra, almeno, che una parte dei brani potrebbe avere un buon impatto live, tipo come quello di questa sera. La risposta del pubblico è stata buona, adesso vediamo se anche il resto sarà lo stesso!
Debora, innanzitutto ti faccio i miei più sentiti complimenti per la tua prestazione. Riesci a passare da un registro all’altro senza difficoltà alcuna ed è una cosa che non tutte le cantanti riescono a fare senza incappare in qualche tecnicismo sbagliato. Come alleni la tua voce? Prendi lezioni o sei un’autodidatta, per così dire?
Debora: No, io ho iniziato a cantare nel lontano ’97, ovviamente mi sono appoggiata a più di una scuola di canto, perché sai, un po’ bisogna trovare il feeling, un po’ per un periodo casomai frequenti una realtà per renderti conto che, magari, ti fa bene frequentare altri ambienti – sempre scolastici – per tirar su il più possibile il tecnicismo. La tecnica, però, non so se questa sia una bestemmia o meno, va presa a piccole dosi: una volta padrona della tua voce, la cosa più importante è “sentire i brani”, cercare di interpretarli senza basare tutto sulla tecnica. E bisogna enfatizzare le proprie particolarità vocali, le proprie peculiarità, senza puntare a clonare o emulare nessuno. Mi sforzo di cantare a modo mio sperando che qualcuno, ascoltandomi, riconosca subito la Debby. Ho quindi studiato, non sono autodidatta, attualmente ho rallentato un po’ il discorso delle lezioni ma non ho abbandonato. Difficoltà nel gestire i registri? No, nel senso che è sempre stata una cosa – quando ho imparato a farla – che mi è venuta abbastanza naturale, ecco. Parti dal presupposto che la voce che tu senti oggi io non la avevo! Io cantavo tutta impostata, lirica, quindi non sapevo come si cantasse moderno! Quando ho incominciato un po’ di più a capire come funzionava, diciamo che non ho trovato, appunto, difficoltà a gestirmi nei diversi registri, poi è ovvio che c’è un range dove posso dare di più e un altro un po’ meno.
Fausto: Ecco, mentre per le canzoni di Daedalum non è stato possibile – erano state scritte, per buona parte, molto prima che Debby entrasse nella band e che ci chiamassimo Reveniece – oggi stiamo molto attenti a tessere i brani sulla voce di Debora, tenendo conto del suo range vocale e della sua “comfort zone”.
Debora: Forse mi ha aiutata il fatto che io non arrivo dal metal!
Fausto: Esatto, la grande cosa di Debby è, se mi permetti, che non è una cantante metal, quindi è molto interessante il fatto che una voce “leggera” poi si approcci a questo.
Pasquale: La cosa più interessante di Debora è che, di solito, quando una persona ascolta metal, che siano donne o uomini, resta impressionato per quanto più vada su! Più vanno su, più sono bravi. Invece lei ha la particolarità di andare molto, molto giù. Prende delle note che io, ad esempio, non riesco a prendere, riesce davvero ad andare molto giù e ad avere comunque espressività ed un colore particolare della voce. Secondo me questa è la sua vera particolarità. È un qualcosa che non hanno tutti.
Fausto: Poi strilla pure, eheheh.
Devo inoltre farti nuovamente i complimenti perché “Daedalum” presenta davvero la tua versatilità più completa: dalle note più alte di “Shamble” a quelle più basse di “Flail” e “Revenant”, o ancora alla tua dolcezza e “vellutatezza” di “Lone Island”, tutti bellissimi brani presente nel disco. Credo che nel complesso i Revenience abbiano capito davvero il tuo potenziale e abbiano voluto sfruttarlo a pieno. Avrai modo di ri-sfruttare queste peculiarità anche nel prossimo disco? Sarebbe davvero bello poterti vedere all’opera con più brani sullo stile di “Revenant” o “Fleil”!
Pasquale: Diciamo che nel nuovo disco la stesura dei brani sulla sua voce è ancora più accentuata, perché in realtà “Daedalum” è un disco che ha una storia molto lunga. Prima di prendere Debora nella band, c’era un’altra cantante, quindi erano stati scritti già altri brani, impostata sulla voce di quest’altra cantante. Lei si è dovuta un po’ “improvvisare”, adattare a cantare brani che non erano stati scritti per la sua voce; infatti, sono pochi i pezzi di “Daedalum” che abbiamo scritto con lei già all’interno della band, come ad esempio ‘Revenant’, dove lei riesce a rendere al meglio o ‘Shamble’, o ‘Flail’. Ad ogni modo, il nuovo disco è scritto proprio in base alla sua qualità vocale.
Debora: Sono molto curiosa di vedere come verranno recepiti i pezzi perché in molte canzoni uso molto il mio registro medio-basso. Mi piace andare su, fare qualche virtuosismo ma non è la cosa che più mi piace fare. Ecco, un concerto tutto sparato in alto mi darebbe fastidio.
Simone: Poi è bello quando c’è da sparare in alto, lo puoi fare e rende ancora di più!
Debora: Sì, secondo me è più dinamico, vista poi la possibilità di farlo…
Pasquale: Sono d’accordo con te su ‘Revenant’, perché è il mio brano preferito.
Debora: ‘Revenant’ è venuto fuori in una notte, c’era una base, ovviamente. Quella notte c’eravamo io, Fausto e Simone, c’era anche Pasquale, eravamo a casa di Pasquale e ci siamo emozionati! Tutti abbiamo avuto la stessa reazione, senza guardarci perché ci sentivamo dei coglioni, però in quell’occasione ci siamo detti: “Ma caspita!”.
Cambiando registro: lo scorso anno, o forse un po’ più di un anno fa, avete annunciato il vostro nuovo bassista, Luca Negro, che ha così preso il ruolo che una volta era di Fausto. Posso chiedervi cosa vi ha spinti a chiedere a Luca di unirsi a voi e a te, Fausto, vorrei chiederti: perché dal basso hai deciso di passare alla chitarra? Con quale strumento ti trovi meglio?
Fausto: A dire la verità, io non sono mai passato al basso. Io non sono un bassista, ho ricoperto quel ruolo per necessità, perché alla band serviva un bassista. Per varie vicissitudini e per non perdere troppo tempo con cambi di formazione e tutti i problemi che ne possono derivare, mi sono “improvvisato” bassista e ho scritto le linee per Daedalum. Ecco, una cosa che tengo a precisare e che mi sta molto a cuore è che in Daedalum ho inciso sia tutti i bassi che tutte le chitarre.
Pasquale: Luca è stato rapito durante un concerto dei Temperance con un sacco in testa (tutti esplodono a ridere, ndr).
Luca: Io ho visto i Revenience la prima volta nel dicembre del 2015, quasi cinque anni fa. Eravamo in quel di Bologna, perché io avrei suonato con i Temperance e loro erano lì per il release party di ‘Daedalum’. Durante il soundcheck, ero insieme a Marco Pastorino (chitarrista dei Temperance, ndr), avevamo finito il nostro e ci stavamo godendo un momento di relax. Ci siamo quindi messi ad ascoltare i Revenience, intenti a provare tutto quanto, c’era anche la tastiera da provare, poiché noi usiamo basi con i Temperance e c’è sempre qualcosa da aggiungere e allora hanno voluto fare un paio di pezzi. Siamo rimasti presi bene, perché ad un certo punto qualcuno ha iniziato a fare qualcosa dei Dream Theater, io e Marco siamo dei super fan e allora ci siamo detti: “Questi ragazzi sono bravi”. Successivamente è partita “Shamble” e siamo rimasti sorpresi, infatti appena la band è scesa dal palco, io e Marco abbiamo placcato Debora e le abbiamo detto di volere una copia del disco. Da lì, da quella sera è nata un’amicizia, perché condividendo anche il backstage e per i tanti sketch tra noi, è nata un’alchimia all’Alchemica. Ci siamo trovati bene, ci siamo piaciuti. Qualche anno dopo, io ho continuato a seguire quello che loro facevano e nel frattempo era uscito l’Ep acustico, hanno fatto la cover degli Opeth che è una figata incredibile… poi un giorno ad aprile 2018, avevo finito il soundcheck con i Temperance ed era la terza o quarta data che facevamo in supporto a “Of Jupiters And Moons”, eravamo in un momento di relax e mi scrive Pasquale, chiedendomi di potermi parlare. Mi ha proposto di entrare dentro il gruppo e mi sono gasato ancora di più! Abbiamo iniziato a sentirci, ci siamo visti, in quella estate abbiamo fatto la cover strumentale di “Profondo Rosso” e da subito abbiamo iniziato a buttare giù le idee per il disco nuovo, a progettare… abbiamo fatto qualche data l’anno scorso e ora siamo qua.
Fausto: C’è da dire che Luca è il primo bassista vero della band, quindi adesso la band ha un bassista e porta un’ottica da bassista, il che non è poco! Secondo me, lui ha dato una marcia in più per farci cambiare stile musicale e atmosfere sonore.
Pasquale: Con Luca c’è stato subito un feeling musicale incredibile. Noi siamo a Bologna, mentre lui vive ad Alba, siamo lontani. Nonostante ciò, fin dalla prima prova, quando suoniamo insieme è come se suonassimo da una vita. Ci capiamo subito. La prima data con lui fu alle belissime Officine Sonore di Vercelli. Beh fu allucinante! Ci siamo visti di mattina, una prova al volo e siamo andati a fare il check. Abbiamo suonato come se fossimo un gruppo rodato da svariati tour. Bellissimo.
Debora: C’era un bel feeling, sia musicale che umano! Siamo molto contenti.
Infatti vediamo lo stesso Luca nel video in bianco e nero girato per il singolo “A-Maze”. Al momento Luca avrà modo di accompagnarvi nei prossimi live o dovrete affidarvi a un session member a causa dei suoi impegni nel tour europeo in supporto a Tarja Turunen?
Luca: Useremo un ologramma! (tutti scoppiano in una risata generale, ndr).
Fausto: Se Luca fosse impegnato e vi fossero delle date da fare, avremmo uno o due validi amici che potrebbero aiutarci al basso e che non finiremo mai di ringraziare per il supporto (grazie Gabo, grazie Mike). Uno dei due fra l’altro, Gabriele Quaranta, ce lo vorremmo portare in giro come fonico della band, sarebbe fantastico.
Pasquale: L’intenzione è quella di cercare di incastrare il più possibile tutti gli impegni, come è successo oggi. Se poi dovesse capitare la data in apertura ai Nightwish e Luca non potesse, siamo persi, eheheh! Scherzi a parte, anche con l’uscita del nuovo disco, stiamo cercando di studiare qualcosa per non sovrapporre con i Temperance, cerchiamo di fare le cose in modo tale da non trovarci in questa situazione, perché poi dispiace uscire con un membro che non c’è!
Luca: In realtà, il problema sta proprio nel fatto che se poi faccio due cose insieme, sbaglio i pezzi, ehehe. È tutta una scusa!
Parlando di live, avete avuto una grossa soddisfazione quando siete volati in Lituania e vi siete esibiti con gli Evanescence, una delle band che nei primi anni 2000 spopolava su MTV grazie a brani storici quali “Bring Me To Life” o “Going Under”. Diteci un po’: siete voi in primo luogo fan della band di Amy Lee? Come avete vissuto questa esperienza e quale lezione avete tratto nell’aver calcato il palcoscenico al fianco di uno dei gruppi più apprezzati di sempre?
Fausto: Noi siamo stati là nel 2017, era giusto un paio di anni fa in occasione del ritorno degli Evanescence sulle scene. Loro sono stati un po’ fermi e con l’occasione del nuovo album, si sono fatti questo giretto “pre-uscita”. Noi, fra l’altro, siamo stati gli unici opener di quella data, quindi si è trattato di un supporto diretto. È stato allucinante, magari ognuno di noi ti dice qualcosina!
Debora: È stata un’esperienza traumatica! Da ripetere certamente quanto prima, così una persona ci arriva preparata, perché se ti arriva una bomba del genere…beh, io mi meraviglio ad essere ancora viva! Ho passato un momento prima quando ci era stata comunicata la data dove, ovviamente, non ci credevo, come chiunque! Quando mi sono ritrovata là, è stato molto faticoso, perché ti senti piccolo, è tutto troppo grande, è tutto troppo al di fuori della tua vita, ovvero vita reale e quella musicale. Almeno, questo è per quel che mi riguarda! È stato un sogno!
Pasquale: Ci siamo resi conto di trovarci su un “vero” palco internazionale… Lì respiravi proprio una professionalità a livelli esagerati! Come tutte le band, noi siamo abituati a montare e smontare le proprie cose, caricare… e quando siamo arrivati lì, Simone si è ritrovato due o tre ragazzi che gli stavano montando la batteria.
Simone: Tra l’altro avevano montato la batteria come l’avrei, poi, montata io! È incredibile!
Pasquale: Per me la cosa più allucinante, poi, è stata l’entrata sul palco. Mi è toccato salire per primo perché ero quello con lo strumento più lontano, dall’altra parte del palco.
Fausto: In realtà Simone era già su perché è lui che fa partire l’intro dello spettacolo ma aveva una poker face incredibile ed era rannicchiato dietro la batteria.
Pasquale: Io sono salito sul palco e ho girato la testa verso il pubblico, ho visto un migliaio di teste che mi guardavano ed è stata una cosa allucinante! Lì, poi, me la sono giocata e mentre andavo verso le tastiere, ho alzato il braccio e tutti hanno risposto, è stato il paradiso; inoltre, la paura che avevo io è che, comunque, la gente era lì per gli Evanescence e non certamente per noi, quindi il pubblico avrebbe potuto anche reagire in malo modo. La cosa bella, invece, è stata che la gente rispondeva: ogni volta che tu stimolavi le persone, loro erano tutti attenti a quello che avevamo da mostrare! E quando abbiamo finito di suonare, siamo tornati poi sul palco per staccare cavi e tutto quanto e la gente pensava che noi fossimo usciti per proporre un bis! Il pubblico ha cominciato nuovamente ad urlare, ma noi, purtroppo, avevamo finito e la cosa ancor più bella si è verificata quando siamo andati nel nostro stand dove c’era il merch, c’erano gli Evanescence che stavano suonando e c’erano delle persone in fila per farsi le foto, per farsi autografare le cose. Noi eravamo increduli e ci domandavamo cosa stesse succedendo!
Debora: Con alcuni di questi personaggi ci sentiamo ancora. Abbiamo mantenuto i contatti, quindi speriamo in un ritorno là presto, perché veramente c’è un affetto incredibile. Io sono stata l’ultima a salire, come succede anche qua e io pensavo di non riuscire a fare i gradini per poter salire.
Simone: Io ho avuto un blocco emotivo, le mie emozioni si sono congelate, per cui sono riuscito a reggere senza andare nel panico e si trattava per me, così come anche per gli altri, di una prima volta importante! Mezzora dopo la fine del live, mi si è sbloccato questo blocco e mi sono messo a piangere.
Debora: È stato bello, veramente bello!
Pasquale: È stata un’esperienza forte, anche avere il fonico che ti viene lì vicino con il tablet a chiederti cose tecniche… beh, non è mai successo! È stato veramente bello, in quel momento ci siamo sentiti dei musicisti! La sensazione era quella!
Fausto: Come ultima postilla, vorrei dire che il pubblico ci ha veramente accompagnato, è stato grazie alle persone che erano lì se siamo riusciti a tenere una perfomance di livello. Un bellissimo ricordo.
Pasquale: Un’esperienza davvero da ripetere, magari con Luca!
Immagino che, come tante band (o forse no), anche voi abbiate dei gruppi di riferimento dai quali avete poi forgiato il vostro background musicale, ma la mia domanda sarà invece diversa rispetto a tutte quelle standard che molti giornalisti tendono a porre: se aveste la possibilità di supportare qualche grossa band o comunque un gruppo che ammirate alla follia, quale sarebbe? Con chi vi vedrete sul palco?
Luca: Io, Pasquale e Fausto abbiamo nel cuore i Dream Theater.
Pasquale: Sì, siamo cresciuti con loro, per quanto mi riguarda, ho imparato tanto da loro Oltre ai Dream Theater, a me piace molto anche il progressive classico, quindi per me le icone sono anche Rick Wakeman, Keith Emerson e altri grandi nomi che, dal punto di vista tastieristico, mi hanno dato veramente tanto! Tornando ai Dream Theater, io e e Fausto li abbiamo visti 21 volte… questo ti fa capire quanto ci stiamo sotto!
Fausto: Poco da aggiungere, anche io devo molto ai Dream: ho un’ammirazione sconfinata per Petrucci e anche io come Pasquale sono devoto al prog del passato, dai King Crimson, ai Genesis, ai Camel fino ai Pink Floyd.
Simone: Se dovessi scegliere ti direi di esser stato molto influenzato dai Tool, a livello batteristico, oltre che compositivo, soprattutto a livello di atmosfere. Sono, forse, la mia band preferita, quella alla quale sono più legato, che mi ha portato a fare un certo tipo di evoluzione personale. A livello di band, invece, non saprei, a me è sempre piaciuto il genere a cui i Revenience sono più affini, quindi potremmo parlare di Evanescence, per l’appunto, di Lacuna Coil, Within Temptation… Per quanto mi riguarda, è stato bello provare a fare qualcosa di affine a questo tipo di genere, mettendoci però le mie influenze personali su altri generi. Quando poi gli altri sono entrati, hanno avuto la libertà di fare le loro cose, quindi non ci sentiamo davvero di avere una band di riferimento come Revenience. Sicuramente una delle band con le quali vorremmo suonare sono gli Evanescence e i Lacuna Coil, soprattutto per quanto riguardano i lavori più pesanti.
Fausto: Per essere un attimo seri, l’ottica “prog” dei Revenience è quella di non porsi per forza un genere musicale da seguire PER FORZA; a me fa già strano dire che siamo una band gothic, non mi sento tale; tra l’altro, io come animo non mi sento così, quindi la nostra ottica è legata alla libertà di movimento, di composizione. Non ci diciamo mai fra di noi “dobbiamo scrivere un pezzo uguale a tizio, uguale a caio”. Questo succedeva già in Daedalum e infatti ci puoi trovare dalla ballata voce e piano fino al pezzo metal incazzatissimo.
Simone: Non ci siamo posti limiti, se non nello studio del sound.
Fausto: Esatto, il vincolo più grande è il sound. Tutte le nuove composizioni, per quanto etgerogenee, confluirianno in album unico che quindi deve avere un suo marchio sonoro.
Debora: Io faccio praticamente crollare l’universo, poiché non ascolto nulla, forse giusto i Dream Theater, dove ci sono dei pezzi che proprio mi prendono e poi adoro cantare pezzi maschili, perché non c’è un termine di paragone, puoi essere più te stessa! Io ascolto tutt’altra roba, io vorrei andare in tour con Tori Amos o Lana Del Rey, io adoro quelle due cantanti. Io le ammiro, le adoro; inoltre, quando ero più giovane, mi allenavo a cantare le canzoni degli H.I.M., io ero una patita di quella band, ero proprio sfegatata! Non so se questo mi sia stato d’aiuto nel prendere le note basse, ma io mi sono divertita tantissimo a cantare sopra alla voce di Valo, perché aveva queste tonalità basse che adoravo. Ovviamente non arrivavo a fare le stesse note, però cantavo molto spesso basso. Non so se quello possa essermi servito o meno, però ricordo che vi è stato un periodo dove era tutto un continuo nel cantare questi pezzi con queste sonorità basse. Adesso, invece, c’è Billie Eilish, quella ragazza è un genio, e come vedi ascolto tutt’altro tipo di roba; inoltre, ho la passione per le colonne sonore, mi piacciono tantissimo!
Pasquale: Questo è un altro aspetto, nel nuovo album stiamo cercando di dare ai brani un’impronta molto cinematica!
Fausto: Sì, ci sono delle parti molto cinematografiche che, prese da sole, potrebbero davvero essere usate per lo scoring di qualche film. Questo aspetto “cinematografico” ci piace molto ed è comune a tutti e 5.
Recentemente avete presentato la vostra personale cover di ‘Profondo Rosso’, celebre brano dei Goblin. Non siete effettivamente nuovi all’esecuzione di brani che avete ri-arrangiato in maniera esemplare: basti ricordare “Hope Leaves” degli Opeth che, nel complesso, risulta pure migliore della versione originale. Cosa vi ha spinti a provare ad omaggiare una delle più grandi band italiane e che tipo di rapporto avete anche con il cinema, visto che non solo avete tributato un grande complesso ma anche un grande regista italiano...
Pasquale: Grazie per il complimento. Beh, “Profondo Rosso” è il film horror italiano: lo paragono, seppur sia di tutt’altro genere, a Conan Il Barbaro. Mi spiego: se tu togli la colonna sonora ad entrmabi, sono due film che perdono almeno l’80% della propria potenzialità, perché sia in “Conan Il Barbaro” con la colonna sonora di Basil Poledouris, che “Profondo Rosso”, con una colonna sonora dei Goblin, raggiungono proprio grazie alla musica un livello molto più alto. In “Conan” c’è una colonna sonora pazzesca e lo stesso in “Profondo Rosso”, che ti trasmette un’ansia esagerata!
Simone: Tra l’altro, in diversi live abbiamo proposto anche “Forsaken”, ovvero la colonna sonora de “La Regina Dei Dannati”, nonché brano dei Disturbed. È un pezzo che a me piace tantissimo suonare.
Fausto: In realtà è anche un modo per far riposare un po’ Debora, visto che comunque nei live “tira” parecchio. Poi, ovviamente, ci divertiamo molto a suonare roba strumentale prog. Per quel che riguardano gli Opeth, è una band che piace a tutti e cinque, ma qui si è trattato perlopiù di un gioco, per riarrangiarla e vedere come poteva uscire. È stato un giochino che ci è piaciuto! Ecco, gli Opeth sarebbero un altro gruppo con cui mi piacerebbe condividere il palco! Porca miseria.
Ultimamente l’Italia sembra stia riscuotendo molto successo anche al di fuori del nostro paese: basti pensare agli Sleeping Romance, ai Deathless Legacy o ancora agli Ancient Bards, ai Temperance. Parliamo di band che, in molti, credono essere piuttosto sottovalutate, ma col tempo hanno tutte avuto il loro meritatissimo successo sia in patria che all’estero, soprattutto. Secondo voi perché sembra che l’Italia sia un passo indietro a tutti? Basti guardare ai paesi come la Germania, o la Svezia, la Finlandia, dove il mercato è decisamente più aperto a nuove sfide. Cosa ne pensate?
Simone: Direi che sicuramente il metal non è così popolare in italia come lo è fuori dai nostri confini.
Pasquale: Concordo. Vedo che qui da noi, quando c’è il grande nome ci si sposta in massa . L’accoglienza e l’interesse vengono meno se già iniziamo a “scendere” un po’ con il livello della band: ovviamente per livello intendo il numero di fan/follower, non di certo il livello musicale, anzi. Noi, con questa esperienza fatta all’estero, un piccolo tour nel Baltico, abbiamo suonato in Lettonia e abbiamo avuto persone che sono venute lì per ascoltare noi, per ascoltare la band che era venuta dall’Italia per suonare. C’era proprio una percezione diversa del pubblico, finito il concerto vengono lì e ti fanno i complimenti. Sono interessati; mi è piaciuto molto.
Luca: Ti dico che secondo me c’è un problema e ti rispondo in due fasi: noi come italiani siamo un po’ più attratti dallo straniero, da chi viene da fuori, perché venendo da fuori ti fai un’idea, è il fascino dello straniero. E credo che la stessa accada quando sei tu ad andare con un progetto straniero in un paese estero. In quel caso puoi produrre lo stesso effetto che può avere lo straniero qua; d’altra parte, così come lo è un po’ dappertutto, è sempre così! Non dobbiamo pensare che se vai da qualche parte a suonare, per forza se sei in quel paese, ti possa andare bene. Un’altra cosa è questa: mi è capitato più volte di riscontrare che a livello culturale è che ci sono paesi che hanno iniziato a star bene da poco, nonostante stiano ancora vivendo dei forti disagi a livello umano. Magari c’è ancora la guerra da qualche parte del paese o hanno appena passato qualche anno di forte dittatura, insomma qualcosa di brutto e hai voglia di vivere, di uscire di casa, quindi per loro è normale. Quando ti capita di andare in un paese a suonare, trovi sempre gente perché loro sono abituati ad andare, ad uscire di casa a vedere un concerto, ad andare ad ascoltare musica. L’esperienza più eclatante è stata con Marco con una band che avevamo anni fa, siamo stati in Lettonia, non mi ricordo il paese e abbiamo suonato in un ospedale dismesso. Siamo arrivati lì e abbiamo fatto il souncheck in una stanza molto simile a questa del backstage, nessun palco, due casse proprio in una situazione brutale. Non c’erano luci, c’erano solo dei neon e ci eravamo detti: “Okay, stasera va così, domani andrà meglio”. Andiamo a mangiare, ci portano qualcosa, torniamo e c’era la fila fuori, perché quella sera c’era quel concerto, quindi tutto il paese, tutti i ragazzi, giovani e meno giovani erano lì a sentire che cavolo stava succedendo! Qui in Italia manca la cosa di uscire e scoprire, fare cose nuove. Da una parte, forse, ci diamo anche noi delle scuse, perché magari c’è la serie tv e non si va nemmeno a quel concerto grosso perché quella sera si è stanchi, si è lavorato tutto il giorno o, semplicemente, manca la voglia.
I Revenience sono ancora una realtà conosciuta perlopiù solo a Bologna, come band locale. Qual è il desiderio che augurate a voi stessi e alla band?
Fausto: Diciamo che ‘Daedalum’, il nostro primo disco, ci ha permesso di affacciarci come Revenience alla scena metal, perlomeno quella italiana, quindi di sicuro l’obiettivo vero è quello di fare sempre uno step in più, “usare” il prossimo disco per essere distribuiti meglio, per pubblicizzarci al meglio, anche per suonare di più.
Ragazzi, Debora, vi ringrazio per la concessione di questa intervista. Prima di congedarci ufficialmente, vi invito a rivolgervi ai nostri lettori e ai nostri follower e vi lascio le ultime parole, come da tradizione.
Debora: Stiamo lavorando dietro le quinte.
Fausto: Stiamo ultimando le registrazioni, abbiamo già girato un nuovo video, quindi stiamo mettendo da parte tanto materiale, abbiamo fatto le foto con un fotografo molto importante e quindi aspettate che esca tutto.
Pasquale: Seguiteci sui social, perché a breve cominceremo a postare.
Simone: E non vediamo l’ora di farvi ascoltare quello che abbiamo in serbo, perché a noi piace molto!
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