MANESKIN: la band riporta l’Eurofestival
31 anni dopo Toto Cutugno, i Maneskin. Il gruppo romano riporta in Italia l’Eurovision Song Contest, vincendo la finale disputata a Rotterdam recuperando con il televoto continentale il quarto posto ottenuto con la classifica delle giurie.
“Zitti e buoni”, quindi, dopo “Insieme” e 57 anni dopo “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti nel 1964, l’altra vittoria tricolore in una manifestazione che all’Italia non è mai piaciuta più di tanto, come dimostrano i quasi 15 anni di silenzio successivi alla ottima – ma si racconta anche boicottata dalla stessa RAI – prova dei Jalisse, nel 1997, con “Fiumi di parole”. Tornati nella competizione nel 2011, i nostri rappresentanti sono invece andati spesso sul podio: Gualazzi nel 2011, Il Volo nel 2015, Mahmood nel 2019. Ora è toccato alla band romana salire sul gradino più alto del podio, battendo di poco la Francia e la Svizzera.
Edizione di grandi ascolti su Rai1, a prova di come anche il pubblico italiano si stia ri-affezionando alla più grande manifestazione musicale europea, questa del 2021 non ha avuto particolari concorrenti trash come è spesso capitato nello scorso decennio, e che rendeva facile per i detrattori accusare l’Eurofestival – così lo chiamiamo noi – di essere un pacchiano circo con ben poca qualità musicale. Certo, difficile che in Italia ci si possa appassionare al twerking esagerato delle ballerine serbe o azere, ma le proposte sono state tutte abbastanza gradevoli, andando più sul tecnopop e sul rock e non dando spazio alcuno alla trap o simili.
Edizione poi di un ritorno alle canzoni in lingua, dato che 4 delle prime 5 non sono state cantate in inglese: questo potrebbe essere un interessante spunto per le prossime edizioni, dato che da quando è stato tolto l’obbligo della lingua ufficiale della propria nazione la maggior parte dei concorrenti ha preferito l’inglese. Quest’anno, oltre all’italiano dei Maneskin, tra i primi 5 c’è stato il francese di Francia e Svizzera, e l’ucraino dei Go_A (tra parentesi, i preferiti dello scrivente).
Ora, l’ESC tornerà in Italia, a 31 anni di distanza dalla dimenticabile esperienza di Roma nel 1991. E qui ci divertiremo, perché la RAI per anni ha cercato di smentire le voci che la vedevano sperare in sconfitte delle nostre proposte per non doversi prendere carico dell’organizzazione successiva. Servirà ricordarsi che l’ESC non è Sanremo, prima di tutto: regole ferree, tempi rapidi e nessuno spazio per chiacchiere, marchette politiche e commerciali, comici, varie ed eventuali. E l’obbligo di avere presentatori capaci di parlare in inglese. Ne saremo capaci? Questo mentre già fioccano le candidature per le strutture ospitanti: Milano, Bologna e Pesaro le prime, ma si dovranno valutare anche i parametri richiesti, che impongono impianti grandi, chiusi o chiudibili, vicinanza ad aeroporti importanti e disponibilità di almeno un mese prima della finale per le prove.
Per ora, tutti “Zitti e buoni” a festeggiare.